Siamo sul finire del 1327. Un frate francescano inglese e il suo allievo si recano in un monastero benedettino di regola cluniacense, abbarbicato sui monti dell’Appennino Toscano.
Il frate, incaricato dall’allora imperatore Ludovico, deve partecipare ad un congresso quale sostenitore delle tesi pauperistiche, pilastro del pensiero francescano, che privilegiano la predicazione dell’altruismo, l’invito a condurre una vita modesta, la preminenza delle ricchezze spirituali sopra quelle materiali, in contrapposizione all’opulenza ostentata dalle gerarchie ecclesiastiche; dall’altra parte è schierata una delegazione della curia papale di papa Giovanni XXII, insediata a quei tempi ad Avignone, che invece mira ad amministrare i beni dell’ordine per mezzo di procuratori.
Quale visuale si sarà presentata allo sguardo dei due viandanti, giunti in prossimità della loro meta, avvolti nei loro mantelli, immersi nei loro pensieri? Sono essi stessi a dircelo:
“Come ci inerpicavamo per il sentiero scosceso che si snodava intorno al monte, vidi l’abbazia. Non mi stupirono di essa le mura che la cingevano da ogni lato, simili ad altre che vidi in tutto il mondo cristiano, ma la mole di quello che poi appresi essere l’Edificio.[…] ma per la posizione inaccessibile era di quelli più tremendo, e capace di generare timore nel viaggiatore che vi si avvicinasse a poco a poco. E fortuna che, essendo una limpidissima mattinata invernale, la costruzione non mi apparve quale la si vede nei giorni di tempesta.”
Quell’edificio era la Sacra di San Michele.
Ma, direte voi, attenti lettori.. parbleu, che sciocchezza è mai questa? La Sacra di San Michele non si trova nell’appennino toscano, ma in Piemonte, nella magnifica Val di Susa!
E difatti è proprio questo magnifico monastero, seppur trasposto in un luogo diverso da quello originario dalla fantasia di un grande scrittore, Umberto Eco, che ha ispirato lo scenario dove si svolge la vicenda di Guglielmo da Baskerville e del suo allievo Adso da Melk, narrata in uno dei suoi romanzi più celebri, il Nome della Rosa.
Potevamo noi, viandanti del tempo, pellegrini dello spazio, lasciarci sfuggire una tale occasione?
Quella di visitare un luogo così simbolico, cosi evocativo, così potente, nella struttura e nel significato intrinseco racchiuso in ogni sua pietra..
Perbacco! Giammai!
Sabato 12 marzo siamo quindi partiti alla volta di questo magnifico monumento, che come una calamita ha attirato soci visitatori provenienti dalla Liguria, dall’Emilia, dalla Lombardia e dalla Toscana.
Dedicata al culto dell’Arcangelo Michele, difensore della fede e del popolo cristiano, la Sacra di San Michele s’inserisce all’interno di una via di pellegrinaggio lunga oltre 2000km che va da Mont Saint-Michel, in Francia, a Monte Sant’Angelo, in Puglia.
La magia di questo luogo si inizia già a percepire quando ci avviciniamo alle sue mura, ma non resta circoscritta, si diffonde in ogni cosa, la si avverte lungo i sentieri che attraversano i boschi circostanti, terre di passaggio di pellegrini da millenni, negli interni ricchi di arte e leggende, fino ai panorami sconfinati che si aprono alla vista tutt’intorno.
Salendo lo Scalone dei Morti, lungo il quale, un tempo, venivano deposti in bella vista i corpi dei monaci defunti, gradino dopo gradino, e oltrepassando il Portale dello Zodiaco, si abbandona la dimensione materiale, e si viene chiamati verso quella spirituale, dove le cure terrene, gli affanni, i dissapori, devono essere accantonati, lasciando spazio all’introspezione, alla considerazione del sè come parte di un tutto.
Solerti e preparatissime guide accompagnano direi quasi per mano i visitatori, e dalle loro parole traspare tutta la passione che nutrono nei confronti di questo monumento, e del territorio in cui è immerso.
Ridiscesi a valle, dopo tanta spiritualità e misticismo, ristorati nella mente e nell’anima, avendo pienamente soddisfatto la curiosità e la voglia di scoperta che ci contraddistingue, ci siamo resi conto che anche il corpo era assai bisognoso di ristoro, e reclamava la nostra attenzione!
In linea con l’atmosfera del luogo, abbiamo pertanto optato per il Convento di San Francesco, fondato nel 1515, noto ai più col nome di Certosa, stupendo complesso immerso nel bosco, per secoli luogo di riflessione, di silenzio e di preghiera, ove abbiamo trascorso la notte.
A questo punto immagino vi starete chiedendo: cosa ha a che fare il Decameron con questo resoconto di viaggio?
Come ben saprete, l’opera originaria narra la vicenda, ambientata nella Firenze della metà del 1300, di un gruppo di giovani in fuga dalla città, flagellata dalla peste; questi amici trascorreranno dieci giorni intrattenendosi, tra le altre cose, raccontando a turno alcune novelle.
Ci piaceva l’idea che ci potesse essere un rimando, assolutamente irriverente, certo, tra la nostra riunione e quella descritta dal Boccaccio.. Anche qui troviamo un gruppo di amici, riuniti in un luogo ameno, non per dieci giorni ma per un fine settimana.. non per sfuggire a una pestilenza, bensì per sfuggire, almeno per un pò, al logorio della vita moderna..
Guidati da un filo conduttore, in questo caso l’esplorazione, singolarmente o in gruppo, i partecipanti sono stati invitati a prodursi in una performance, per mezzo di una qualsiasi delle arti ispirate dalle Muse, che avesse come tema quello proposto.
In questa occasione le letture di brani, sia tratti da testi già esistenti, sia originali e scritti di proprio pugno dagli interpreti stessi, l’hanno fatta da padrone, ma c’è stato anche chi ha messo mano a colori e pastelli, deliziandoci con un disegno raffigurante una nave stretta nella morsa del Kraken, evento in cui, nel nostro mondo, ai naviganti può capitare di imbattersi con facilità.
Il giorno seguente abbiamo a malincuore lasciato le comodità della Certosa per gettarci a capofitto nel trambusto e nel bailamme del Gran Balon, il variegato e caotico mercato dell’antiquariato e del vintage di Torino, che prende vita ogni seconda domenica del mese, lungo alcune vie del quartiere Borgo Dora e nei pressi del vicino mercato di Porta Palazzo.
Che dire di questo mercato? Ci sono articoli per tutti i gusti e per tutte le tasche: mobili, ceramiche, libri, oggetti antichi, abbigliamento, prodotti artigianali, giocattoli, e chi più ne ha, più ne metta!
Nonostante la massiccia presenza di visitatori (alcuni intenzionalmente a caccia dell’affare del secolo, altri a transitare casualmente da quelle parti per una corroborante passeggiata domenicale) la nostra presenza per le vie e tra i banchetti non è passata inosservata; siamo stati avvicinati da persone di tutte le età, che, con la scusa di “attaccar bottone”, hanno voluto conoscere noi e saperne un pò di più sulla nostra associazione e le sue attività, incuriositi dai nostri abiti ed accessori; e direi anche lieti di poter constatare di persona quanto l’aspetto ludico e conviviale di ciò che facciamo contribuisca a creare legami d’amicizia, in un’epoca di così forti e dolorose divisioni.
Tra una chiacchiera e un pò di shopping, ebbri di cotanto “bagno di folla”, all’ora convenuta ci siamo diretti senza indugio, e decisamente affamati, al ristorante storico San Giors; la rinomata cucina piemontese ci ha definitivamente conquistati con i suoi piatti più rappresentativi, come i ravioli del Plin, il brasato, il vitello tonnato, il bonet.. per non parlar dei vini!
Non potevamo però congedarci dal magico capoluogo piemontese senza aver messo piede in un caffè storico del centro! Il Caffè Baratti & Milano ci ha accolti in un tripudio di specchi e vetrine traboccanti di ogni delizia, riservandoci per l’occasione una saletta al piano superiore, un vero e proprio “salotto sabaudo”, dove abbiamo potuto degustare, accompagnato da una selezione di piccola pasticceria, il celeberrimo Bicerin, bevanda calda a base di cioccolato, caffè e crema di latte, che, da un paio di secoli almeno, delizia i palati dei torinesi.
E così, satolli, carichi di pacchetti, con tanta bellezza negli occhi, stanchi ma felici di esserci nuovamente ritrovati, giunti al momento di congedarci, ci siamo salutati ripromettendoci di rivederci prestissimo, in occasione di qualche nuova strabiliante avventura; ma con la certezza che la Sacra di San Michele, la Certosa e Torino resteranno decisamente per lungo tempo nel nostro cuore.
Lady Pheasantail
Pubblicato da: Lady Pheasantail